Aggiornamento Normativo e Giurisprudenziale 4/2014
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Lingua |
Italiano
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Data di pubblicazione |
05/03/2014
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AGGIORNAMENTO NORMATIVO E GIURISPRUDENZIALE 4/2014
SOMMARIO
1. Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 145 “Destinazione Italia”: reintroduzione del Tribunale delle società con sede all’estero e nuovi interventi sulla legge fallimentare.
2. Nuovo codice deontologico forense.
3. Cassazione, sez. Terza, sentenza 14 febbraio 2014, n. 3420
LEGITTIMAZIONE ATTIVA DELL’ASSOCIAZIONE DI PROFESSIONISTI NELL’AZIONE DI RECUPERO DEL CREDITO
1. Decreto Legge 23 dicembre 2013, n. 145 “Destinazione Italia”: reintroduzione del Tribunale delle società con sede all’estero e nuovi interventi sulla legge fallimentare.
Con l’articolo 10 del Decreto Destinazione Italia viene reintrodotto il foro competente per le società aventi sede all’estero.
La norma stabilisce che nelle controversie affidate alle sezioni specializzate in materia di impresa a norma dell’art. 3 D. Lg. N. 168/2003, ove siano parti le società, in qualunque forma costituite, con sede all’estero, anche aventi sedi secondarie con rappresentanze stabili in Italia, siano esse attrici o convenute.[1] sono inderogabilmente competenti i seguenti uffici giudiziari:
1) la sezione specializzata in materia di impresa di Bari per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Bari, Lecce, Taranto (sezione distaccata) e Potenza;
2) la sezione specializzata in materia di impresa di Cagliari per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Cagliari e Sassari (sezione distaccata);
3) la sezione specializzata in materia di impresa di Catania per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Caltanissetta, Catania, Catanzaro, Messina, Palermo e Reggio Calabria;
4) la sezione specializzata in materia di impresa di Genova per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Bologna e Genova;
5) la sezione specializzata in materia di impresa di Milano per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Brescia e Milano;
6) la sezione specializzata in materia di impresa di Napoli per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di corte d'appello di Campobasso, Napoli e Salerno;
7) la sezione specializzata in materia di impresa di Roma per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Ancona, Firenze, L'Aquila, Perugia e Roma;
8) la sezione specializzata in materia di impresa di Torino per gli uffici giudiziari ricompresi nel distretto di Torino;
9) la sezione specializzata in materia di impresa di Venezia per gli uffici giudiziari ricompresi nei distretti di Trieste e Venezia.
10) la sezione specializzata in materia di impresa di Trento per gli uffici giudiziari ricompresi nel distretto di Trento;
11) la sezione specializzata in materia di impresa di Bolzano per gli uffici giudiziari ricompresi nel territorio di competenza di Bolzano, sezione distaccata della corte di appello di Trento.
Rispetto a quanto previsto nel “Decreto del Fare” - con il quale era stata introdotta una simile regolamentazione della competenza territoriale, abrogata, però, in sede di conversione del decreto - viene allargato il numero dei fori competenti.[2]
Le nuove regole sulla competenza sono applicabili ai giudizi instaurati successivamente al 22 febbraio 2014.
La legge di conversione del decreto Destinazione Italia è intervenuta anche sulla legge fallimentare, offrendo una interpretazione autentica della norma di cui al secondo comma dell’art. 111 R. D. 267/42 la quale stabilisce che “sono considerati crediti prededucibili quelli così qualificati da una specifica disposizione di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla presente legge”.
L’art. 11, comma 3 quater della D. L. 145/2013 chiarisce che i crediti sorti in occasione o in funzione della procedura di concordato preventivo aperta ai sensi del’art. 161, sesto comma, L.F. (cd. Concordato in bianco) sono prededucibili alla condizione che la proposta, il piano e la documentazione siano presentati nei termini prescritti dal giudice (tenendo conto anche di eventuali proroghe che questi abbia concesso) e che alla domanda segua l’effettiva apertura della procedura di concordato, senza soluzione di continuità.
La prededucibilità dei crediti sorti in occasione o in funzione della procedura non è, dunque, più automatica, ma per ottenere il vantaggio occorre che alla mera presentazione della domanda segua l’apertura della procedura stessa.
All’interno dell’art. 13, dedicato a “disposizioni urgenti per l’Expo 2015, i lavori pubblici ed in materia di trasporto aereo”, viene inserito un passaggio, attraverso l’introduzione del comma 11 bis, con il quale si modifica l’art. 186 bis L.F. che, dunque, oggi impone che nel concordato con continuità aziendale, successivamente al deposito del ricorso, la partecipazione a procedure di affidamento di contratti pubblici sia autorizzata dal Tribunale, con il parere del commissario giudiziale.
2. Nuovo codice deontologico forense.
Nella seduta straordinaria del 31 gennaio 2014 il Consiglio Nazionale Forense, come previsto dalla legge 247/2012, ha approvato il nuovo codice deontologico che entrerà in vigore decorsi 60 giorni dalla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Il nuovo codice è strutturato in 7 titoli, dedicati rispettivamente a: 1) principi generali, 2) rapporti con il cliente e la parte assistita, 3) rapporto di colleganza, 4) doveri dell’avvocato nell’ambito del processo, 5) rapporti con terzi e controparti, 6) rapporti con le istituzioni forensi, 7) dedicato alla disposizione finale, disciplinante esclusivamente il momento di entrata in vigore delle disposizioni.
A differenza di quanto previsto nel testo al momento in vigore, si è provveduto a tipizzare con precisione le condotte illecite, correlando a ciascuna di esse una specifica sanzione.
Di seguito si riporta una sintesi di quanto previsto nel nuovo codice.
- Principi generali.
La prima parte del codice è dedicata alla enunciazione di principi generali che gli avvocati devono seguire nell’esercizio della loro attività, ma non solo.
L’art. 2 dispone, infatti, che le norme deontologiche si applicano non solo per quel che concerne l’attività professionale, ma anche con riferimento ai comportamenti tenuti dagli avvocati nella loro vita privata quando ne risulti compromessa la reputazione personale o l’immagine della professione forense.
La responsabilità disciplinare viene strettamente collegata alla volontarietà delle azioni del professionista e, con l’art. 6, viene introdotto il dovere per l’avvocato di evitare attività incompatibili con la permanenza dell’iscrizione all’albo.
L’avvocato è poi riconosciuto personalmente responsabile per condotte, determinate da suo incarico, ascrivibili ai suoi associati, collaboratori o sostituti, purché il fatto non integri una esclusiva responsabilità di questi ultimi.
Il codice deontologico si applica anche alle società tra avvocati: la responsabilità della società concorre con quella del socio quando la violazione del singolo soggetto sia collegata a direttive impartite dalla società.
L’art. 16, dedicato al dovere di adempimento fiscale, previdenziale, assicurativo e contributivo, stabilisce altresì che l’avvocato è tenuto a corrispondere regolarmente e tempestivamente i contributi dovuti alle istituzioni forensi.
La potestà disciplinare continua ad essere affidata ai singoli Ordini i quali dovranno valutare il comportamento complessivo dell’incolpato, applicando una sanzione unica anche qualora nello stesso procedimento siano contestati più addebiti.
Nel determinare le sanzioni – consistenti in avvertimento, censura, sospensione e radiazione – occorre tenere conto dell’eventuale pregiudizio subito dalla parte assistita e dal cliente, della compromissione dell’immagine della professione forense, della vita professionale e dei precedenti disciplinari. L’art. 22 prevede anche che la sanzione possa essere aumentata o diminuita a seconda della sua gravità.
- Rapporti con il cliente e la parte assistita.
La pattuizione del compenso con il cliente è libera: è dunque ammessa la tariffazione a tempo, in misura forfettaria, per convenzione avente ad oggetto uno o più affari, in base all’assolvimento e ai tempi di erogazione della prestazione, a percentuale sul valore dell’affare o su quanto si prevede possa giovarsene il destinatario della prestazione, non soltanto a livello strettamente patrimoniale. È in ogni caso vietato il patto di quota lite.
Per quanto concerne gli obblighi informativi, l’art. 27 stabilisce che l’avvocato deve informare cliente e parte assistita sulla prevedibile durata del processo e sugli oneri ipotizzabili e se richiesto deve comunicare in forma scritta il costo della propria prestazione professionale.
È obbligatoria anche l’informativa relativa alla possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione e, ove previsti, degli altri strumenti di risoluzione della controversia alternativi al contenzioso giudiziario.
L’avvocato è, inoltre, tenuto a comunicare gli estremi della propria polizza assicurativa[3].
A richiesta deve, poi, informare il cliente e la parte assistita sullo svolgimento del mandato a lui affidato e deve fornire loro copia degli atti e dei documenti anche provenienti da terzi) concernenti l’oggetto del mandato e la sua esecuzione sia in sede giudiziale che stragiudiziale.
L’art. 27 prevede infine che la violazione dei doveri di informazione comporti l’applicazione delle sanzioni dell’avvertimento e della censura.
Con riferimento al segreto professionale occorre segnalare che in caso di sua violazione è prevista l’applicazione della sanzione della sospensione da uno a tre anni.
La mancata emissione del prescritto documento fiscale per ogni pagamento ricevuto dal cliente è punita con la sanzione della censura.
L’avvocato deve rifiutare di ricevere o gestire fondi che non siano riferibili ad un cliente, pena la sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per sei mesi.
È possibile trattenere somme da chiunque ricevute, dandone avviso al cliente, quale rimborso di spese sostenute.
Vi è diritto di trattenere somme a titolo di compenso esclusivamente nei seguenti casi:
- quando vi sia il consenso del cliente e della parte assistita;
- quando si tratti di somme liquidate giudizialmente a titolo di compenso a carico della controparte e l’avvocato non le abbia già ricevute dal cliente o dalla parte assistita;
- quando abbia già formulato una richiesta di pagamento del proprio compenso espressamente accettata dal cliente.
Per quel che concerne, invece, la rinuncia al mandato, l’art. 32 la subordina all’adozione delle cautele necessarie per evitare pregiudizi alla parte assistita. A quest’ultima occorre dare un congruo preavviso ed, in caso di irreperibilità, l’avvocato deve comunicarle la rinuncia a mezzo di lettera raccomandata all’indirizzo anagrafico o all’ultimo domicilio conosciuto oppure a mezzo PEC: una volta adempiuta tale formalità ed indipendentemente dall’effettiva ricezione della comunicazione, l’avvocato è esonerato da ogni ulteriore incombente e non è responsabile per la mancata successiva assistenza qualora non sia nominato in tempi ragionevoli altro difensore. Rimane in ogni cosa l’obbligo di avvisare la parte assistita di eventuali notifiche o comunicazioni ricevute.
Per agire giudizialmente nei confronti del cliente o della parte assistita per il pagamento delle proprie prestazioni professionali, è necessario che l’avvocato rinunci a tutti gli incarichi ricevuti.
Continua ad essere vietata la pubblicità comparativa, ingannevole, denigratoria o suggestiva.
Non è consentita l’indicazione di nominativi di professionisti e di terzi non organicamente o direttamente collegati con lo studio e nelle informazioni al pubblico non possono essere indicati nominativi di clienti o parti assistite, anche qualora questi vi consentano.
L’avvocato può, inoltre, utilizzare siti web con domini propri senza reindirizzamento, direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società tra avvocati alla quale partecipi, previa comunicazione al proprio Consiglio dell’Ordine di forma e contenuto del sito stesso che, inoltre, non potrà contenere riferimenti commerciali o pubblicitari.
Permane il divieto di accaparramento della clientela a mezzo di agenzie o procaci attori, di offrire omaggi o prestazioni a terzi per ottenere incarichi, di offrire la propria attività al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, riposo e svago (e in generale nei luoghi pubblici o aperti al pubblico) e di offrire, in assenza di richiesta, una prestazione personalizzata che sia dunque rivolta ad una persona determinata per uno specifico affare.
- Rapporti con i colleghi.
Il nuovo codice deontologico pone particolare attenzione ai rapporti tra colleghi che collaborano all’interno di uno stesso studio. E’ infatti previsto che l’avvocato consenta ai propri collaboratori di migliorare la loro preparazione professionale, senza impedire od ostacolare la loro crescita formativa, compensando adeguatamente il loro lavoro, tendo conto dell’utilizzo dei servizi e delle strutture dello studio.
Al praticante deve essere assicurata l’effettività e la proficuità della pratica forense, deve essergli fornito un idoneo ambiente di lavoro. Diviene obbligatorio il rimborso spese e, dopo il primo semestre di pratica, la corresponsione di un adeguato compenso, sempre tenuto conto dell’utilizzo dei servizi e delle strutture dello studio.
- Doveri dell’avvocato nel processo.
Sul punto si ritiene di dover segnalare la disposizione di cui all’art. 56 espressamente dedicata all’ascolto del minore, la quale sembra accogliere le recenti modifiche apportate al diritto di famiglia, e nella quale si stabilisce che l’avvocato non può procedere a tale ascolto senza il consenso degli esercenti la responsabilità genitoriale (sempre che non sussista ipotesi di conflitto con questi).
Nelle controversie in materia familiare o minorile, l’avvocato difensore del genitore deve astenersi da ogni colloquio con i figli minori sulle circostanze oggetto di tali controversie.
Nel procedimento penale, l’avvocato, per conferire con il minore, è tenuto ad invitare gli esercenti la responsabilità ad intervenire, fatto salvo l’obbligo della presenza dell’esperto nei casi previsti dalla legge e in ogni caso in cui il minore sia persona offesa dal reato.
La violazione di tali doveri comporta l’applicazione della sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da sei mesi ad un anno.
Il compimento di abusi nell’esercizio delle facoltà previste dalla legge in materia di notificazione in proprio costituisce illecito disciplinare sanzionabile con la sospensione da due a sei mesi.
Viene sanzionato, solo con l’avvertimento, il comportamento dilatorio cui consegue il mancato rispetto dei termini fissati nel calendario del processo.
Nel caso in cui l’avvocato decida di aderire all’astensione dalla partecipazione alle udienze proclamata dagli Organi forensi è fatto obbligo di informare con congruo anticipo gli altri difensori costituiti.
Vengono disciplinate anche le figura di avvocato-arbitro e di avvocato-mediatore, prevedendo specifiche norme comportamentali ed ipotesi di incompatibilità (artt. 61 e 62).
- Rapporti con i terzi e controparti.
Il nuovo codice deontologico non introduce disposizioni sostanzialmente innovative sul punto, fatta eccezione per la previsione di cui all’art. 68 secondo cui l’avvocato che abbia assistito il minore in controversie familiari deve sempre astenersi dal prestare la propria assistenza in favore di uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura, e viceversa.
- Rapporti con le istituzioni forensi.
Il titolo si apre con una previsione rivolta agli avvocati chiamati a far parte delle istituzioni forensi, i quali devono adempiere l’incarico con diligenza, indipendenza e imparzialità.
Al momento dell’iscrizione all’albo, ciascun professionista deve dichiarare gli eventuali rapporti di parentela, coniugio, affinità o convivenza con magistrati ed, inseguito, provvedere a comunicare le successive variazioni.
Deve essere data immediata comunicazione anche della costituzione di associazioni professionali o società tra avvocati.
L’avvocato può partecipare ad una sola associazione o società.
Il mancato rispetto degli obblighi assicurativi, contributivi e di quelli verso le istituzioni forensi costituisce illecito disciplinare sanzionabile con la censura. È introdotto anche l’obbligo di comunicazione all’ordine della polizza assicurativa e delle sue variazioni. Per il caso di omessa comunicazione la sanzione applicabile è quella dell’avvertimento.
Viene introdotto un obbligo di collaborazione con le istituzioni forensi per la realizzazione delle loro finalità.
Nell’ambito di un procedimento disciplinare, la mancata risposta agli addebiti costituisce autonomo illecito disciplinare.
Viene infine introdotta una norma che punisce con la sospensione da due a sei mesi (da uno a tre anni in caso di componenti di commissioni esaminatrici) l’avvocato che nel corso dell’esame di abilitazione faccia pervenire ai candidati testi relativi ai temi oggetto della prova.
Il candidato che riceva scritti o appunti e non ne faccia denuncia alla commissione esaminatrice è punito con la sanzione della censura.
3. Cassazione, sez. Terza, sentenza 14 febbraio 2014, n. 3420
LEGITTIMAZIONE ATTIVA DELL’ASSOCIAZIONE DI PROFESSIONISTI NELL’AZIONE DI RECUPERO DEL CREDITO
La sentenza che si segnala ha ad oggetto la controversia promossa da uno studio di progettazione associato nei confronti di un condominio affinché questo venisse condannato al pagamento del compenso dovuto per la redazione delle tabelle millesimali del condominio stesso.
Il condominio si opponeva alla domanda eccependo il difetto di legittimazione attiva dello studio in quanto esso, trattandosi di semplice associazione, non poteva configurarsi quale autonomo soggetto di diritto, distinto dalle persone dei suoi singoli componenti.
Tale eccezione veniva rigettata in primo grado, per essere poi accolta in appello: i giudici del gravame ritenevano, infatti, che lo studio professionale non avesse la legittimazione a procedere giudizialmente per il soddisfacimento del credito in quanto la decisione di ogni singolo professionista di associarsi per dividere le spese dello studio e gestire in comune i proventi della propria attività non implica il trasferimento in capo all’associazione professionale della titolarità del rapporto di prestazione d’opera facendo venir meno la legittimazione attiva di ciascun professionista.
Ricorreva, dunque, in Cassazione lo studio professionale sostenendo che l’associazione professionale, sebbene priva di una propria personalità giuridica, deve comunque essere qualificata come un autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici distinto dai suoi componenti e, dunque, dotato di rilevanza esterna: lo studio così organizzato rientrerebbe tra quei fenomeni di aggregazione di interessi che possono costituire un autonomo centro di imputazione di diritti e di obblighi, capaci per questo di stare in giudizio a mezzo dei propri rappresentanti secondo lo schema di cui all’art. 36 c.c.
L’interpretazione appena esposta è apparsa corretta ai giudici di legittimità i quali hanno rilevato come “l’art. 36 c.c. stabilisce che l’ordinamento interno e l’amministrazione delle associazioni non riconosciute sono regolati dagli accordi tra gli associati, che ben possono attribuire all’associazione la legittimazione a stipulare contratti e ad acquisire la titolarità di rapporti, poi delegati ai singoli aderenti e da essi personalmente curati. Ne consegue che, ove il giudice del merito accerti tale circostanza, sussite la legittimazione attiva dello studio professionale associato – cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomo centro di imputazione di rapporti giuridici – rispetto ai crediti per le prestazioni svolte dal singolo professionista a favore del cliente conferente l’incarico, in quanto il fenomeno associativo tra professionisti può non essere univocamente finalizzato alla divisione delle spese ed alla gestione congiunta dei proventi”[4].
Nel caso di specie la Corte, ritenendo raggiunta la prova che gli accordi tra i professionisti erano quelli di ritenere titolare l’associazione dei diritti derivanti dall’attività svolta da ciascun componente, ha cassato la sentenza impugnata, decidendo nel merito l’appello nel senso di ritenere sussistente la legittimazione attiva dell’associazione professionale con riferimento al credito azionato.
[1] Dovranno applicarsi le nuove regole sulla competenza territoriale anche nel caso di più convenuti ai sensi dell’art. 33 c.p.c. (cumulo soggettivo).
[2] Il Decreto del Fare aveva, infatti stabilito che competenti fossero esclusivamente gli uffici giudiziari di Milano, Roma e Napoli, prevedendo altresì che la competenza venisse devoluta a detti uffici su richiesta della società anche, eventualmente, in caso di chiamata in garanzia.
[3] Attraverso tale disposizione viene reso effettivo anche per gli avvocati l’obbligo di dotarsi di una assicurazione per la responsabilità professionale, pur non dovendosi ritenere operante l’obbligo di cui all’art. 12, legge 31 dicembre 2012, n. 247, il quale potrà essere considerato vincolante solo quando il Ministro della Giustizia avrà emanato, sentito il CNF, il decreto attraverso il quale saranno stabiliti le condizioni essenziali ed i massimali minimi delle polizze come previsto dal comma 5 della disposizione richiamata.
[4] La Corte di Cassazione si era già pronunciata in questo senso con la sentenza n. 15694 del 2011 in cui ha precisato che “quantunque privo di personalità giuridica lo studio professionale associato rientra a pieno titolo nel novero di quei fenomeni di aggregazione di interessi cui la legge attribuisce la capacità di porsi come autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, muniti di legale rappresentanza in conformità della disciplina dettata dall’art. 36 c.c. e segg.”.