Aggiornamento Normativo e Giurisprudenziale 9/2014
Autore |
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Lingua |
Italiano
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Data di pubblicazione |
23/09/2014
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AGGIORNAMENTO NORMATIVO E GIURISPRUDENZIALE 9/2014
SOMMARIO
1. Decreto legge 24 giugno 2014, n. 91 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116: nuove norme in materia di voto plurimo nelle società per azioni quotate e conseguenze della sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di nominare il collegio sindacale nelle s.r.l. con capitale sociale non inferiore a quello minimo stabilito per le s.p.a.
- La maggiorazione di voto nelle società quotate.
- PMI con azioni quotate.
- Normativa in materia di liquidazione delle azioni e operazioni straordinarie.
- Sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di nomina del collegio sindacale.
2. Provvedimento congiunto dell’Agenzia delle Entrate e del Comando Generale della Guardia di finanza del 8 agosto 2014 n. 2014/105953 sulle modalità relative alle richieste di informazioni nell’ambito della disciplina in materia di antiriciclaggio.
3. Riforma della giustizia: D.L. 12 settembre 2014 n. 132
- Misure per la riduzione dell’arretrato civile.
Devoluzione ad arbitri dei procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria.
Convenzione di negoziazione assistita.
Separazione e divorzio innanzi all’ufficiale di stato civile.
Riduzione della sospensione feriale.
- Interventi sulla disciplina del processo di cognizione.
Modifiche al regime di compensazione delle spese.
Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione.
Dichiarazioni rese al difensore.
- Modifiche alla disciplina del processo di esecuzione forzata e delle procedure concorsuali.
Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti.
Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare.
Iscrizione a ruolo del processo esecutivo e deposito dell’atto di pignoramento.
Disposizioni in materia di procedure concorsuali.
Misure per il contrasto del ritardo nei pagamenti.
1. Decreto legge 24 giugno 2014, n. 91 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116: nuove norme in materia di voto plurimo nelle società per azioni quotate e conseguenze della sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di nominare il collegio sindacale nelle s.r.l. con capitale sociale non inferiore a quello minimo stabilito per le s.p.a.
La maggiorazione di voto nelle società quotate.
La maggiorazione del diritto di voto è consentita dal nuovo art. 127 quinquies del TUF. La norma stabilisce che gli statuti delle società possono prevedere che sia attribuito un voto maggiorato, fino ad un massimo di due voti, per ciascuna azione detenuta da un medesimo soggetto per un periodo ininterrotto di 24 mesi. A tale maggiorazione è possibile rinunciare in tutto o in parte in maniera irrevocabile.
Le modalità di attribuzione della maggiorazione e la verifica dei presupposti necessari sono determinati dai singoli statuti ed è imposta la formazione di un apposito elenco.
La cessione delle azioni sia a titolo oneroso che gratuito, ovvero la cessione diretta o indiretta di partecipazioni di controllo di società in misura superiore alla soglia di cui all’art. 120 TUF,[1] determina la perdita del diritto al voto maggiorato.
Il diritto è invece conservato nei seguenti casi:
- successione per causa di morte, fusione e scissione del titolare delle azioni;
- emissione di nuove azioni ai sensi dell’art. 2442 c.c.
Le azioni con voto maggiorato non costituiscono una speciale categoria di azioni.
La deliberazione con la quale viene attribuita la maggiorazione del voto non attribuisce il diritto di recesso ai sensi dell’art. 2437 c.c.
La maggiorazione non può avere effetti su diritti diversi dal voto (come ad esempio quelli spettanti in forza del possesso di determinate aliquote di capitale sociale) ma, se non diversamente stabilito dallo statuto, di essa si tiene conto nella determinazione di quorum costitutivi e deliberativi riferiti ad aliquote del capitale sociale.
Lo statuto può altresì prevedere che la maggiorazione si estenda in maniera proporzionale nei casi di aumento di capitale eseguito attraverso nuovi conferimenti.
Gli statuti delle società quotate, diverse dalle cooperative, possono prevedere che, quando sia promossa un’offerta pubblica di acquisto o di scambio di titoli da loro emessi, non abbiano effetto nei confronti dell’offerente le limitazioni al trasferimento dei titoli previste in statuto, né abbiano effetto, nelle assemblee volte a deliberare azioni di difesa rispetto all’offerta pubblica di acquisto, le limitazioni al diritto di voto previste dallo statuto o da patti parasociali. Si stabilisce, inoltre, che in dette assemblee le azioni a voto plurimo conferiscono un solo diritto di voto.
La novella ha altresì stabilito che nei casi in cui l’offerente venga a detenere almeno il 75% del capitale con diritto di voto nelle deliberazioni riguardanti la nomina o la revoca degli amministratori o dei componenti del consiglio di gestione o di sorveglianza, nella prima assemblea che segue alla conclusione dell’offerta, convocata per modificare lo statuto o per revocare o nominare gli amministratori, le azioni a voto plurimo conferiscono soltanto un voto, con la conseguenza che le maggiorazioni di voto stabilite in applicazione dell’art. 127 quinquies del TUF non hanno effetto.
Il D.L. 91/2014 ha poi previsto una disciplina transitoria circa il quorum deliberativo per le modifiche statutarie assunte dalle società quotate entro il 31 gennaio 2015. Il comma 1 bis dell’art. 20 del citato decreto prevede, infatti, che “in sede di prima applicazione, le deliberazioni di modifica dello statuto assunte entro il 31 gennaio 2015 da società aventi titoli quotati nel mercato regolamentato italiano iscritte nel registro delle imprese alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, con cui viene prevista la creazione di azioni a voto maggiorato ai sensi dell’art. 127 quinquies del decreto legislativo 24 febbraio 1998 n. 58, sono prese anche in prima convocazione, con il voto favorevole di almeno la maggioranza del capitale rappresentato in assemblea”.[2]
Interventi si segnalano anche con riferimento alla disciplina dell’OPA totalitaria.
È stato, infatti, modificato l’art. 106 del TUF il quale ora stabilisce che “Chiunque, a seguito di acquisti ovvero di maggiorazione dei diritti di voto, venga a detenere una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento ovvero a disporre di diritti di voto in misura superiore al trenta per cento dei medesimi promuove un’offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti i possessori di titoli sulla totalità dei titoli ammessi alla negoziazione in un mercato regolamentato in loro possesso”.[3]
PMI con azioni quotate.
Con il decreto legge n. 91/2014 viene introdotta la definizione di PMI con azioni quotate. Con tale espressione, stabilisce il provvedimento d’urgenza, si intendono le piccole e medie imprese, emittenti azioni quotate, che abbiano, in base al bilancio approvato relativo all’ultimo esercizio, anche anteriore all’ammissione alla negoziazione delle proprie azioni, un fatturato fino a 300 milioni di euro, ovvero una capitalizzazione media di mercato, nell’ultimo anno solare inferiore ai 500 milioni di euro. Non si considerano PMI gli emittenti azioni quotate che abbiano superato entrambi i suddetti requisiti per tre esercizi o tre anni solari consecutivi.
Le PMI con azioni quotate sono altresì soggette agli obblighi di comunicazione delle partecipazioni rilevanti[4] e all’applicazione della soglia per l’OPA totalitaria.
Normativa in materia di liquidazione delle azioni e operazioni straordinarie.
In caso di recesso del socio il valore di liquidazione delle azioni di società quotate non deve più essere determinato facendo esclusivo riferimento alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la pubblicazione ovvero la ricezione dell’avviso di convocazione le cui deliberazioni legittimano il recesso. Il terzo comma dell’art. 2437 ter prevede, infatti, che il valore di liquidazione sia determinato secondo i criteri stabiliti ai commi 2 e 4 del medesimo articolo[5], fermo restando che in ogni caso tale valore non può essere inferiore al valore che sarebbe dovuto in applicazione del criterio della media aritmetica dei prezzi di chiusura sopra illustrato.
In materia di trasformazione di società di persone in società di capitali viene previsto, attraverso la sostituzione del secondo comma dell’art. 2500 ter, che “il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell'attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima redatta a norma dell'articolo 2343 ovvero dalla documentazione di cui all'articolo 2343-ter ovvero, infine, nel caso di società a responsabilità limitata, dell'articolo 2465. Si applicano altresì, nel caso di società per azioni o in accomandita per azioni, il secondo, terzo e, in quanto compatibile, il quarto comma dell'articolo 2343[6] ovvero, nelle ipotesi di cui al primo e secondo comma dell'articolo 2343-ter, il terzo comma del medesimo articolo."[7]
Il decreto legge di giugno è intervenuto modificando anche la disciplina del diritto di opzione con la sostituzione del secondo comma dell’art. 2441 c.c., relativo alle modalità di deposito dell’offerta, con il seguente testo: “L'offerta di opzione deve essere depositata presso l'ufficio del registro delle imprese e contestualmente resa nota mediante un avviso pubblicato sul sito internet della società, con modalità atte a garantire la sicurezza del sito medesimo, l'autenticità dei documenti e la certezza della data di pubblicazione, o, in mancanza, mediante deposito presso la sede della società. Per l'esercizio del diritto di opzione deve essere concesso un termine non inferiore a quindici giorni dalla pubblicazione dell'offerta”.
Sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di nomina del collegio sindacale.
A seguito dell’abrogazione del secondo comma dell’art. 2477 c.c. che imponeva l’obbligo per le società a responsabilità limitata di nominare il collegio sindacale ogni qual volta il capitale sociale fosse quantomeno pari a quello minimo fissato per le società per azioni, si era creata una situazione di incertezza circa la sorte dei collegi sindacali nominati solo in ragione del possesso del requisito appena citato.
In particolare gli interpreti, all’indomani della pubblicazione del provvedimento normativo d’urgenza, si erano chiesti se le società non più obbligate alla nomina dell’organo di controllo fossero legittimate a revocare quello in carica per giusta causa o dovessero attendere la scadenza del mandato del collegio sindacale e a tal punto non provvedere al rinnovo dell’organo.
Il legislatore, attraverso la legge di conversione del decreto, ha ritenuto opportuno pronunciarsi esplicitamente sul punto disponendo al comma 8 dell’art. 20 del D.l. 91/2014 che “la sopravvenuta insussistenza dell’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore costituisce giusta causa di revoca”, senza tuttavia chiarire se tale revoca per giusta causa richieda anch’essa l’approvazione del tribunale prevista dal comma 2 dell’art. 2400 c.c.
2. Provvedimento congiunto dell’Agenzia delle Entrate e del Comando Generale della Guardia di finanza del 8 agosto 2014 n. 2014/105953 sulle modalità relative alle richieste di informazioni nell’ambito della disciplina in materia di antiriciclaggio.
Con il provvedimento che si segnala viene previsto l’obbligo per i professionisti individuati dagli art. 11, 12, 13 e 14 del D.Lgs. 231/2007 - tra cui, dunque, sono ricompresi, tra gli altri, avvocati notai e dottori commercialisti – di fornire, su richiesta, le informazioni relative ai titolari effettivi[8] in relazione a specifiche operazioni con l’estero. Le richieste saranno effettuate dall’Ufficio Centrale per il Contrasto agli Illeciti Finanziari dell’Agenzia Entrate o dal Reparto Speciale della Guardia di Finanza a mezzo PEC.
Al fine di consentire l’invio delle richieste di informazioni, il provvedimento impone ai professionisti destinatari della normativa antiriciclaggio di comunicare entro il 31 ottobre 2014 all’Agenzia delle Entrate gli indirizzi di posta elettronica certificata ai fini dell’inserimento nel registro degli indirizzi elettronici di cui al punto 7 del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 22 dicembre 2005.
La comunicazione deve essere effettuata utilizzando esclusivamente i sistemi Entratel o Fisco On line.
3. Riforma della giustizia: D.L. 12 settembre 2014 n. 132
Con il decreto legge in commento il Governo è intervenuto in materia di giustizia con l’obiettivo di ridurre l’arretrato pendente nei tribunali italiani e fornire agli operatori del settore strumenti alternativi per la soluzione delle controversie.
Di seguito si illustrano, in maniera sintetica, le disposizioni di maggior rilievo la cui efficacia, in molti casi, è posticipata ad un momento successivo alla entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.
- Misure per la riduzione dell’arretrato civile.
Devoluzione ad arbitri dei procedimenti pendenti dinanzi all’autorità giudiziaria.
Nei procedimenti pendenti sia in primo che in secondo grado, non riguardanti diritti indisponibili e non vertenti in materia di diritto del lavoro, previdenza ed assistenza sociale, che non siano ancora stati assunti in decisione, le parti, con istanza congiunta, possono chiedere che la questione venga decisa con un arbitrato rituale, fermi restando gli effetti sostanziali e processuali prodotti dalla domanda giudiziale, mediante un lodo cui sono attribuiti i medesimi effetti di una sentenza.
Ricevuta la richiesta, il giudice dispone la trasmissione del fascicolo al presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati del circondario ove si trova il tribunale o la corte d’appello per la nomina del collegio arbitrale.
Gli arbitri, scelti dalle parti o in mancanza dal presidente del consiglio dell’ordine, devono essere avvocati iscritti all’albo almeno da tre anni che non abbiano avuto condanne disciplinari definitive e che abbiano reso una dichiarazione di disponibilità ad assumere l’incarico al proprio consiglio dell’ordine.
Quando la trasmissione al collegio arbitrale è disposta in grado di appello ed il procedimento arbitrale non si conclude in 120 giorni dall’accettazione della nomina da parte del collegio arbitrale, il procedimento deve essere riassunto nel termine di 60 giorni. A seguito della riassunzione il lodo non può essere più pronunciato.
Se nessuna delle parti provvede alla riassunzione, il procedimento si estingue con conseguente applicazione dell’art. 338 c.p.c.
Qualora, invece, sia stata dichiarata la nullità del lodo, il procedimento deve essere riassunto nel termine di 60 giorni dalla data di passaggio in giudicato della sentenza di nullità.
Convenzione di negoziazione assistita.
Viene introdotta una nuova forma di risoluzione delle controversie chiamata dal legislatore “convenzione di negoziazione assistita da un avvocato” che viene definita come “un accordo mediante il quale le parti convengono di cooperare in buona fede e con lealtà per risolvere in via amichevole la controversia tramite l’assistenza di avvocati”.
Nell’accordo, che deve essere redatto in forma scritta a pena di nullità, le parti devono precisare:
- il termine concordato per l’espletamento della procedura che in ogni caso non può essere inferiore ad un mese;
- l’oggetto della controversia che non deve riguardare diritti indisponibili.
Gli avvocati, che certificano l’autenticità delle firme apposte dalle parti in calce all’accordo, devono informare il cliente, al momento del conferimento dell’incarico, della possibilità di ricorrere alla convenzione di negoziazione assistita.
Viene stabilito, con una norma che acquisterà efficacia solo 90 giorni dopo l’entrata in vigore della legge di conversione, che l’invito a stipulare tale convenzione costituisce una condizione di procedibilità della domanda giudiziale con riferimento alle controversie aventi ad oggetto il risarcimento del danno da circolazione di veicoli e natanti e il pagamento di somme a qualsiasi titolo dovute non eccedenti i cinquantamila euro.[9]
L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza o rilevata d’ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza.
L’invito a stipulare una convenzione di negoziazione non costituisce condizione di procedibilità nei seguenti casi:
- procedimenti di ingiunzione (inclusa la fase di opposizione);
- procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite ex art. 696 bis c.p.c.
- procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all’esecuzione forzata;
- procedimenti in camera di consiglio;
- azione civile esercitata nel processo penale.
L’esperimento del procedimento di negoziazione assistita non preclude la concessione di provvedimenti cautelari o urgenti, né la trascrizione della domanda giudiziale.
L’accordo raggiunto all’esito della negoziazione costituisce titolo esecutivo valido per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale. Costituisce illecito deontologico per gli avvocati impugnare un accordo alla cui realizzazione hanno partecipato. Gli stessi sono, inoltre, tenuti a comportarsi con lealtà e a tenere riservate le informazioni ricevute nel corso della negoziazione.[10]
La convenzione può essere conclusa anche tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale o divorzio qualora non vi siano figli minori, figli maggiorenni portatori di handicap o non economicamente autosufficienti.
Copia autentica dell’accordo raggiunto tra i coniugi deve essere trasmesso dall’avvocato che ha prestato assistenza nella negoziazione e che ha autenticato le firme delle stesse entro 10 giorni all’ufficiale di stato civile del comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto. La violazione di detto obbligo comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria che va da € 5.000,00 ad € 50.000,00 che deve essere irrogata dal comune dove devono eseguirsi le annotazioni. I difensori devono altresì trasmettere copia dell’accordo al consiglio dell’ordine circondariale del luogo ove l’accordo stesso è stato raggiunto ovvero ove al consiglio dell’ordine presso il quale uno di essi è iscritto.
Separazione e divorzio innanzi all’ufficiale di stato civile.
Viene previsto che i coniugi possano concludere, innanzi all’ufficiale di stato civile del comune di residenza o del comune ove è stato iscritto o trascritto l’atto di matrimonio, un accordo di separazione personale, divorzio o modifica delle condizioni di separazione o divorzio purché non vi siano figli minori, figli maggiorenni portatori di handicap grave o non autosufficienti. Tali accordi non possono contenere patti di trasferimento patrimoniale.
La disposizione entrerà in vigore trascorsi 30 giorni dalla pubblicazione della legge di conversione del decreto legge in commento.
Riduzione della sospensione feriale.
Viene ridotto il periodo di sospensione feriale dei termini processuali che, dal 2015, non andrà più dal 1 agosto al 15 settembre, ma decorrerà dal 6 agosto per terminare il 31 dello stesso mese.
- Interventi sulla disciplina del processo di cognizione.
Modifiche al regime di compensazione delle spese.
Viene modificato l’art. 92 c.p.c. prevedendo la possibilità di compensare le spese tra le parti del giudizio ai soli casi di soccombenza reciproca, novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza.
L’articolo rinnovato sarà applicabile ai procedimenti introdotti 30 giorni dopo l’entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge.
Passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione.
Viene introdotta la possibilità per il giudice di mutare i procedimenti di cognizione ordinaria in procedimenti regolati dal rito di cui all’art. 702 bis c.p.c. quando lo stesso ritenga ciò opportuno, valutata la complessità della lite e l’istruzione probatoria.
A tal fine viene inserito nel codice il nuovo articolo 183 bis il quale recita: “Nelle cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica, il giudice nell'udienza di trattazione, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria, può disporre, previo contraddittorio anche mediante trattazione scritta, con ordinanza non impugnabile, che si proceda a norma dell'articolo 702-ter e invita le parti ad indicare, a pena di decadenza, nella stessa udienza i mezzi di prova, ivi compresi i documenti, di cui intendono avvalersi e la relativa prova contraria. Se richiesto, può fissare una nuova udienza e termine perentorio non superiore a quindici giorni per l'indicazione dei mezzi di prova e produzioni documentali e termine perentorio di ulteriori dieci giorni per le sole indicazioni di prova contraria”.
Anche tale norma si applicherà ai procedimenti introdotti a decorrere dal trentesimo giorno successivo all’entrata in vigore della legge di conversione.
Dichiarazioni rese al difensore.
Al fine di accelerare la procedura di assunzione delle prove viene introdotta la possibilità per il difensore di raccogliere dichiarazioni di terzi da depositare in giudizio secondo lo strumento dell’ “affidavit”, in uso soprattutto nei sistemi di common law.
La disciplina di questo nuovo mezzo istruttorio è data dall’art. 257 ter c.p.c. in cui si dispone che “La parte può produrre, sui fatti rilevanti ai fini del giudizio, dichiarazioni di terzi, capaci di testimoniare, rilasciate al difensore, che, previa identificazione a norma dell'articolo 252, ne attesta l'autenticità. Il difensore avverte il terzo che la dichiarazione può essere utilizzata in giudizio, delle conseguenze di false dichiarazioni e che il giudice può disporre anche d'ufficio che sia chiamato a deporre come testimone.”
- Modifiche alla disciplina del processo di esecuzione forzata e delle procedure concorsuali.
Il decreto in commento è intervenuto diffusamente anche in materia di processo esecutivo introducendo una serie di norme tutte destinate ad avere efficacia trascorsi 30 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione.
Foro relativo all’espropriazione forzata di crediti.
Successivamente all’art. 26 c.p.c. viene introdotto l’art. 26 bis il quale dispone che “Quando il debitore è una delle pubbliche amministrazioni indicate dall'articolo 413, quinto comma, per l'espropriazione forzata di crediti è competente, salvo quanto disposto dalle leggi speciali, il giudice del luogo dove il terzo debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Fuori dei casi di cui al primo comma, per l'espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede”.
Ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare.
Al fine di facilitare la fruttuosità delle procedure esecutive è stata prevista la possibilità di effettuare ricerche gratuite per via telematica dei beni da sottoporre a pignoramento. La modalità con cui attivare questo tipo di ricerca è disciplinata dal nuovo articolo 429 bis il quale stabilisce che, su istanza del creditore procedente, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, autorizza la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare. Attraverso detta autorizzazione il presidente del tribunale o un giudice da lui delegato dispone che sia l'ufficiale giudiziario ad accedere, mediante collegamento telematico diretto, ai dati contenuti nelle banche dati delle pubbliche amministrazioni o alle quali le stesse possono accedere e, in particolare, nell'anagrafe tributaria, compreso l'archivio dei rapporti finanziari, nel pubblico registro automobilistico e in quelle degli enti previdenziali, per l'acquisizione di tutte le informazioni rilevanti per l'individuazione di cose e crediti da sottoporre ad esecuzione, comprese quelle relative ai rapporti intrattenuti dal debitore con istituti di credito e datori di lavoro o committenti. Conclusa la ricerca, l'ufficiale giudiziario redige un unico processo verbale nel quale indica tutte le banche dati interrogate e le relative risultanze.
Se l'accesso ha consentito di individuare cose che si trovano in luoghi appartenenti al debitore compresi nel territorio di competenza dell'ufficiale giudiziario, quest'ultimo accede agli stessi per provvedere d'ufficio agli adempimenti di cui agli articoli 517, 518 e 520. Qualora così non fosse, l’ufficiale giudiziario consegna copia autentica del verbale al creditore che, entro dieci giorni dal rilascio, a pena d'inefficacia della richiesta, la presenta, unitamente all'istanza per gli adempimenti di cui agli articoli 517, 518 e 520, all'ufficiale giudiziario territorialmente competente.
L'ufficiale giudiziario, quando non rinviene una cosa individuata mediante l'accesso nelle banche dati, intima al debitore di indicare entro quindici giorni il luogo in cui si trova, avvertendolo che l'omessa o la falsa comunicazione è punita a norma dell'articolo 388, sesto comma, del codice penale[11].
Se l'accesso ha consentito di individuare crediti del debitore o cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi, l'ufficiale giudiziario notifica d'ufficio al debitore e al terzo il verbale, che dovrà anche contenere l'indicazione, tra i vari dati, del credito per cui si procede, del titolo esecutivo e del precetto, dell'ingiunzione, dell'invito e dell'avvertimento al debitore di cui all'articolo 492, primo, secondo e terzo comma, nonché l'intimazione al terzo di non disporre delle cose o delle somme dovute, nei limiti di cui all'articolo 546. Il verbale è notificato al terzo per estratto, contenente esclusivamente i dati a quest'ultimo riferibili.
Quando l'accesso ha consentito di individuare più crediti del debitore o più cose di quest'ultimo che sono nella disponibilità di terzi l'ufficiale giudiziario sottopone ad esecuzione i beni scelti dal creditore.
Viene disciplinata anche l’ipotesi di infruttuosità dell’esecuzione attraverso l’introduzione dell’art. 164 bis delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile secondo il quale “quando risulta che non è più possibile conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese dei creditori, anche tenuto conto dei costi necessari per la prosecuzione della procedura, delle probabilità di liquidazione del bene e del presumibile valore di realizzo è disposta la chiusura anticipata del processo esecutivo”.
Iscrizione a ruolo del processo esecutivo e deposito dell’atto di pignoramento.
Il nuovo comma sesto dell’art. 518 c.p.c. disciplina le modalità con le quali deve avvenire l’iscrizione a ruolo del processo esecutivo.
Una volta eseguito il pignoramento l’ufficiale giudiziario deve provvedere a riconsegnare al creditore il verbale, il titolo esecutivo ed il precetto. Il creditore provvede al deposito in cancelleria delle copie conformi all’originale di detti atti unitamente alla nota di iscrizione a ruolo[12] nel termine di 10 giorni dalla loro consegna da parte dell’ufficiale giudiziario. Il mancato rispetto di detto termine fa perdere efficacia al pignoramento.
Al momento del deposito il cancelliere forma il fascicolo dell’esecuzione.
Procedimento analogo è previsto per quanto riguarda il pignoramento presso terzi, con l’unica differenza che in questo caso il termine per procedere all’iscrizione a ruolo del procedimento è fissato dal novellato comma quarto dell’art. 543 c.p.c., in 30 giorni dalla data di riconsegna dell’atto di citazione notificato da parte dell’ufficiale giudiziario. Anche in questo caso il mancato rispetto del termine comporta l’inefficacia del pignoramento.
Per quanto concerne, invece, il pignoramento immobiliare si segnala che il termine per procedere all’iscrizione a ruolo è di 10 giorni (nuovo art. 557 c.p.c.) che decorre dalla consegna da parte dell’ufficiale giudiziario al creditore dell’atto di pignoramento e della nota di trascrizione restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari.
Disposizioni in materia di procedure concorsuali.
Viene introdotto l’obbligo per il curatore, il commissario giudiziale e per il professionista delegato, a norma dell’art. 591 bis c.p.c., di redigere relazioni riepilogative dell’attività svolta da depositarsi telematicamente.
Tali disposizioni si applicano alle procedure anche pendenti a decorrere dal novantesimo dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei decreti attuativi e delle specifiche tecniche di cui all’art. 16 bis, comma 9 sexies, del D.L. 179/2012.
Misure per il contrasto del ritardo nei pagamenti.
Dopo il terzo comma dell’art. 1284 c.c vengono aggiunte le seguenti disposizioni: “Se le parti non ne hanno determinato la misura, da quando ha inizio un procedimento di cognizione il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali. La disposizione del quarto comma si applica anche all'atto con cui si promuove il procedimento arbitrale”.
[1] Tale soglia è fissata al 2% del capitale sociale.
[2] La deliberazione modificativa dello statuto che introduce la maggiorazione del voto, anche per le società quotate, non attribuisce il diritto di recesso ai soci ai sensi dell’art. 2437 c.c essendo ciò espressamente previsto dall’art. 127 quinquies, settimo comma, del TUF.
[3] Le PMI con azioni quotate, la cui definizione verrà illustrata più avanti, possono prevedere in statuto soglie differenti rispetto a quelle di cui alla norma citata. Tali soglie in ogni caso non possono essere superiori al 40% o inferiori al 25%.
[4] La percentuale di cui all’art. 120, secondo comma, del TUF è del 5% per le PMI.
[5] Il comma secondo dell’art. 2437 ter stabilisce che “il valore di liquidazione delle azioni è determinato dagli amministratori, sentito il parere del collegio sindacale e del soggetto incaricato della revisione legale dei conti, tenuto conto della consistenza patrimoniale della società e delle sue prospettive reddituali, nonché dell'eventuale valore di mercato delle azioni”, mentre il criterio di cui al quarto comma del medesimo articolo prevede che “lo statuto può stabilire criteri diversi di determinazione del valore di liquidazione, indicando gli elementi dell'attivo e del passivo del bilancio che possono essere rettificati rispetto ai valori risultanti dal bilancio, unitamente ai criteri di rettifica, nonché altri elementi suscettibili di valutazione patrimoniale da tenere in considerazione”.
[6] Le norme richiamate fanno riferimento alla disciplina applicabile alla stima dei conferimenti di beni in natura o di crediti.
[7] Si fa riferimento alle ipotesi in cui per il conferimento di beni in natura o di crediti non è richiesta la relazione di stima, ma è sufficiente l’allegazione della documentazione da cui risulta il valore attribuito ai conferimenti stessi.
[8] Per “titolare effettivo” si intende la persona fisica per conto della quale è realizzata un’operazione o un’attività, ovvero nel caso di entità giuridica, la persona o le persone fisiche che, in ultima istanza, possiedono o controllano tale entità, ovvero ne risultano i beneficiari (art. 1, lett. u, D. Lg. 231/2007).
[9] La condizione di procedibilità si considera avverata se l’invito non è seguito dall’adesione o è seguito da rifiuto entro 30 giorni dalla sua ricezione o è trascorso il termine concordato per l’espletamento della procedura.
[10] Le dichiarazioni rese e le informazioni acquisite in sede di negoziazione non possono essere utilizzate nel giudizio avente, in tutto o in parte, il medesimo oggetto.
[11] La norma richiamata punisce la mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice.
[12] L’art. 159 bis delle disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile disciplina il contenuto della nota di iscrizione a ruolo nel processo esecutivo.