Commercio Internazionale. Strumenti contrattuali di distribuzione
Autore |
Studio Legale Abbatescianni |
|
Lingua |
Italiano
|
|
Data di pubblicazione |
19/11/2010
|
|
|
|
|
Commercio Internazionale
strumenti contrattuali di distribuzione di beni: la regolamentazione vigente in Italia
A. VENDITA DIRETTA DI BENI MOBILI
- Regolamentazione e scopo del contratto: la vendita internazionale di beni mobili è regolata dalla Legge n. 765/1985, di recepimento della Convenzione di Vienna del 1980, dagli articoli 1470 e seguenti del codice civile e, se effettuata nei confronti del pubblico dei consumatori, dal Decreto Legislativo n. 206/2005 (c.d. Codice del Consumo). La funzione economica del contratto consiste nel trasferimento da un soggetto ad un’altro della proprietà di un bene mobile, a fronte del pagamento di un prezzo.
- Definizione: contratto con il quale una parte (il venditore) trasferisce all’altra parte (l’acquirente), che ha sede in un paese diverso rispetto al paese del venditore, la proprietà di un bene mobile, verso il corrispettivo di un prezzo.
- Forma: non è prevista una particolare forma, né per la validità né per la prova.
- Obblighi delle parti:
1) Venditore. Il venditore ha l’obbligo: di consegnare all’acquirente beni liberi da ogni diritto o pretesa di terzi e che siano della qualità, quantità e tipologia richiesti nel contratto (se i beni devono essere trasportati l’obbligo di consegna si adempie rimettendo i beni al vettore); di trasferire la proprietà dei beni all’acquirente; di rilasciare all’acquirente tutti i documenti relativi ai beni venduti.
2) Acquirente. L’acquirente ha l’obbligo di pagare il prezzo dei beni (se non è previsto altrimenti, il pagamento avviene nel momento in cui il venditore mette a disposizione dell’acquirente i beni o i documenti rappresentativi degli stessi) e di prenderli in consegna.
- Particolari previsioni:
1) Passaggio del rischio. Il rischio del perimento o deterioramento dei beni si trasferisce in capo all’acquirente nel momento in cui l’obbligazione della consegna si consideri adempiuta.
2) Garanzia per vizi. Il venditore deve garantire la conformità dei beni al contratto ed all’uso cui sono destinati; l’acquirente perde il diritto di far valere il difetto di conformità, se non ne fa denuncia al venditore al più tardi entro due anni dalla consegna dei beni.
3) Garanzia per l’evizione. Il venditore deve garantire che i beni siano liberi da ogni diritto o pretesa di terzi, a meno che l’acquirente acconsenta a ricevere beni soggetti a tale diritto o pretesa.
4) Disciplina a tutela dei consumatori. Nell’ipotesi in cui l’acquirente rivesta la qualità di consumatore, trova applicazione il sistema di garanzie disciplinato dal codice del consumo: a) vessatorietà delle clausole che, malgrado la buona fede, determinano un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; b) particolari previsioni relative ai contratti a distanza; c) particolari obblighi e responsabilità del produttore e del distributore in ordine all’immissione nel mercato di prodotti sicuri; d) particolari previsioni relative alla vendita di beni di consumo.
- Durata e cessazione del contratto: contratto ad effetti reali che, pertanto, esaurisce la propria funzione con la manifestazione del consenso che rappresenta il momento traslativo del diritto; le ipotesi di cessazione del rapporto sono quelle tipiche della disciplina generale dei contratti (nullità e annullamento per vizi genetici; risoluzione per vizi funzionali; in alcune ipotesi, recesso).
B. CONCESSIONE DI VENDITA
- Regolamentazione e scopo del contratto: la concessione di vendita è un contratto atipico, ampiamente conosciuto nella pratica degli affari, volto all’attribuzione di una posizione di privilegio che il produttore concede al distributore nella commercializzazione di beni a fronte di una parziale sottoposizione del concessionario alle direttive economiche disposte dal concedente. La funzione economica del contratto consiste pertanto nell’incrementare la vendita dei prodotti del concedente in una zona determinata.
- Definizione: contratto di distribuzione con il quale un soggetto (il concessionario), agendo in veste di acquirente-rivenditore, assume stabilmente l’incarico di curare la commercializzazione in una determinata zona dei prodotti di un fabbricante (il concedente), in cambio di una posizione privilegiata nella rivendita. Il concedente può essere anche un commerciante, ad esempio un grossista. Il concessionario è un imprenditore autonomo rispetto al concedente che acquista i prodotti per rivenderli in nome e per conto proprio.
- Forma: trattandosi di contratto atipico non è prevista in via di principio una particolare forma, né per la validità né per la prova, ad ogni modo è prassi redigere il contratto per iscritto ed in maniera esauriente.
- Obblighi delle parti:
1) Concedente. Il concedente si obbliga alla fornitura dei prodotti al concessionario (nel contratto vengono normalmente regolamentate le condizioni di sconto rispetto al listino del concedente) e all’attribuzione di una posizione di privilegio al concessionario; se il contratto prevede l’acquisto da parte del concessionario di una quantità minima di prodotti, il concedente ha l’obbligo di fornire detta quantità; fuori di questa eventualità, si discute se il concedente abbia o meno l’obbligo di onorare sempre e comunque gli ordini del concessionario.
2) Concessionario. Il concessionario ha l’obbligo di acquistare dal concedente tutta la merce che ritiene di poter immettere sul mercato, pagando il prezzo pattuito, e di svolgere attività promozionale con riferimento alla vendita dei beni in concessione; il concessionario deve altresì uniformarsi alle direttive espresse dal concedente.
- Particolari previsioni:
1) Esclusiva a favore del concessionario.
2) Imposizione del prezzo di rivendita, compatibilmente con l’art. 1379 c.c. e nel rispetto dei limiti di cui alla regolamentazione antitrust.
- Durata e cessazione del rapporto: contratto di durata che può essere stipulato a termine o a tempo indeterminato; le ipotesi di cessazione del rapporto sono quelle tipiche della disciplina generale dei contratti (nullità e annullamento per vizi genetici; risoluzione per vizi funzionali; recesso; scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato).
C. Franchising
- Regolamentazione e scopo del contratto: il franchising è disciplinato dalla legge n. 129/2004, sebbene la concreta regolamentazione del singolo rapporto sia ancora rimessa in gran parte all’autonomia negoziale. La funzione economica del contratto consiste nel consentire al franchisor di allargare il proprio giro commerciale e di aumentare le proprie capacità di penetrazione del mercato senza dover intervenire direttamente nella realtà locale, sfruttando il proprio patrimonio di cognizioni e la propria reputazione, e al franchisee di inserirsi sul mercato con rischi ridotti, avvalendosi di quelle cognizioni e di quella reputazione, che esso avrebbe potuto acquisire solo dopo una lunga esperienza sul mercato.
- Definizione: per franchising si intende il contratto fra due soggetti giuridici, economicamente e giuridicamente indipendenti, in base al quale una parte (il franchisor) concede la disponibilità all’altra (il franchisee), verso corrispettivo, di un insieme di diritti di proprietà industriale o intellettuale relativi a marchi, denominazioni commerciali, insegne, modelli di utilità, disegni, diritti di autore, know-how, brevetti, assistenza o consulenza tecnica e commerciale, inserendo il franchisee in un sistema costituito da una pluralità di franchisee distribuiti sul territorio, allo scopo di commercializzare determinati beni o servizi.
- Forma: il contratto deve essere stipulato per iscritto, a pena di nullità.
- Obblighi delle parti:
1) Franchisor. Il franchisor deve consentire al franchisee l’ingresso ed il regolare sfruttamento del sistema di franchising; inoltre, deve consegnare all’aspirante franchisee, almeno trenta giorni prima della sottoscrizione, copia completa del contratto da sottoscrivere, corredato degli allegati indicati di seguito, ad eccezione di quelli per i quali sussistano obiettive e specifiche esigenze di riservatezza, che comunque dovranno essere citati nel contratto. Gli allegati a corredo del contratto sono: a) principali dati relativi al franchisor, tra cui ragione e capitale sociale e, previa richiesta dell’aspirante franchisee, copia del bilancio degli ultimi tre anni o dalla data di inizio dell’attività, qualora essa sia avvenuta da meno di tre anni; b) l’indicazione dei marchi utilizzati nel sistema di franchising, con gli estremi della relativa registrazione o del deposito, o della licenza eventualmente concessa al franchisor dal terzo che abbia la proprietà degli stessi, o la documentazione comprovante l’uso concreto del marchio; c) una sintetica illustrazione degli elementi caratterizzanti l’attività oggetto di franchising; d) una lista dei franchisee operanti nel sistema e dei punti vendita diretti del franchisor; e) l’indicazione della variazione, anno per anno, del numero dei franchisee con relativa ubicazione negli ultimi tre anni o dalla data di inizio dell’attività del franchisor, qualora essa sia avvenuta da meno di tre anni; f) la descrizione sintetica degli eventuali procedimenti giudiziari o arbitrali, promossi nei confronti del franchisor e che si siano conclusi negli ultimi tre anni, relativamente al sistema di franchising, sia da franchisee sia da terzi privati o da pubbliche autorità, nel rispetto delle vigenti norme sulla privacy.
2) Franchisee. Il franchisee deve pagare regolarmente al franchisor i corrispettivi previsti nel contratto (royalties) e osservare le condizioni di adesione al sistema dell’franchisor; inoltre, il franchisee non può trasferire la sede indicata nel contratto senza il preventivo consenso del franchisor, se non per causa di forza maggiore, e si impegna ad osservare e a far osservare ai propri collaboratori e dipendenti, anche dopo lo scioglimento del contratto, la massima riservatezza in ordine al contenuto dell’attività oggetto di franchising.
- Particolari previsioni:
1) Contenuto minimo del contratto. Il contratto deve espressamente indicare: l’ammontare degli investimenti e delle eventuali spese di ingresso che il franchisee deve sostenere prima dell’inizio dell’attività; le modalità di calcolo e di pagamento delle royalties e l’eventuale indicazione di un incasso minimo da realizzare da parte del franchisee; l’ambito dell’eventuale esclusiva territoriale sia in relazione ad altri franchisee, sia in relazione a canali ed unità di vendita direttamente gestiti dal franchisor; la specifica del know-how fornito dal franchisor al franchisee; le eventuali modalità di riconoscimento dell’apporto di know-how da parte del franchisee; le caratteristiche dei servizi offerti dal franchisor in termini di assistenza tecnica e commerciale, progettazione ed allestimento, formazione; le condizioni di rinnovo, risoluzione o eventuale cessione del contratto.
2) Obblighi precontrattuali di comportamento. Il franchisor deve tenere in qualsiasi momento, nei confronti dell’aspirante franchisee, un comportamento ispirato a lealtà, correttezza e buona fede e deve tempestivamente fornire all’aspirante franchisee ogni dato ed informazione che lo stesso ritenga necessari o utili ai fini della stipulazione del contratto di franchising, a meno che non si tratti di informazioni oggettivamente riservate o la cui divulgazione costituirebbe violazione di diritti di terzi; l’aspirante franchisee deve tenere in qualsiasi momento, nei confronti del franchisor, un comportamento improntato a lealtà, correttezza e buona fede e deve fornire, tempestivamente ed in modo esatto e completo, al franchisor ogni informazione e dato la cui conoscenza risulti necessaria o opportuna ai fini della stipulazione del contratto di affiliazione commerciale, anche se non espressamente richiesti dal franchisor.
- Durata e cessazione del contratto: contratto di durata che può essere stipulato a termine o a tempo indeterminato, con una durata minima di tre anni; le ipotesi di cessazione del rapporto sono quelle tipiche della disciplina generale dei contratti (nullità e annullamento per vizi genetici; risoluzione per vizi funzionali; recesso; scadenza del termine, se il contratto è a tempo determinato).
OSSERVAZIONI:
Nel commercio internazionale, la vendita diretta di beni soddisfa in maniera contingente ed immediata l’esigenza del venditore di diffusione dei propri prodotti in un paese diverso rispetto a quello in cui ha la propria sede, con le criticità che necessariamente comporta il dover gestire più operazioni di tal genere poste in essere con i più disparati acquirenti.
Qualora l’impresa voglia invece strutturare la propria attività di commercio con l’estero in maniera tale da ridurre il più possibile le criticità di gestione di plurimi interlocutori, la strada percorribile si individua nella costruzione di una rete distributiva, sotto forma di concessione di vendita o di franchising: in questo modo l’impresa andrà a negoziare e stipulare il rapporto di distribuzione con un'unica controparte. Questa scelta, a ben vedere, comporta senz’altro una semplificazione di gestione del rapporto traslativo (ricondotto a due uniche parti: l’impresa e il distributore), e tuttavia mantiene fermi gli obblighi e il sistema di garanzie che l’impresa, in qualità di venditore, deve comunque prestare nei confronti dell’acquirente.
Rispetto alla concessione di vendita, il franchising (che nell’ordinamento italiano ha ricevuto riconoscimento e regolamentazione legislativa, a differenza della concessione di vendita) rappresenta una forma più integrata di commercio associato, nella quale il franchisor e il franchisee vengono percepiti all’esterno come un’unica realtà imprenditoriale, pur restando imprenditori autonomi ed indipendenti sia giuridicamente sia economicamente. Mentre infatti la concessione di vendita ha come scopo la diffusione dei prodotti del concedente attraverso l’acquisto e la rivendita da parte del concessionario, l'obiettivo del franchising non è limitato alla diffusione di prodotti (o servizi), bensì si estende alla diffusione di un concetto originale basato su uno specifico sistema di marchi, brevetti, know-how e altri diritti di proprietà industriale ed intellettuale. Da ciò il pagamento da parte del franchisee di un diritto di ingresso nella rete distributiva del franchisor e di canoni periodici. Inoltre, il concessionario contraddistingue la propria attività attraverso l’impiego di propri marchi e insegne, cui eventualmente si affiancano i marchi e le insegne del concedente, laddove il franchisee ha invece l’obbligo di individuare la propria attività attraverso i marchi e le insegne del franchisor, impegnandosi altresì a fornire un’immagine del proprio punto vendita che sia uniforme rispetto a quella dell’intera rete distributiva.
GIURISPRUDENZA:
- In tema di compravendita internazionale di cose mobili, individuato il luogo di consegna in quello ove la prestazione caratteristica deve essere eseguita, e riconosciuto come luogo di consegna principale quello ove è convenuta l’esecuzione della prestazione ritenuta tale in base a criteri economici (e cioè il luogo di recapito finale della merce, ove i beni entrano nella disponibilità materiale e non soltanto giuridica dell’acquirente), sarà dinanzi al giudice di quello Stato che tutte le controversie sorte in tema di esecuzione del contratto, ivi compresa quella relativa al pagamento dei beni alienati, andranno legittimamente introdotte e conseguentemente dibattute (a prescindere dal luogo in cui il vettore eventualmente incaricato prenda in consegna la merce stessa). Cass. Sezioni Unite (Ord.) n. 21191/2009
- L’art. 9 della legge n. 192/1998 sulla subfornitura, che commina la sanzione della nullità del contratto in caso di abuso di dipendenza economica, è applicabile a qualunque rapporto tra imprese che nasca di per sé sbilanciato essendovi un’impresa in grado di determinare nei rapporti commerciali con un’altra impresa un eccessivo squilibrio di diritti ed obblighi (principio riconosciuto dalla giurisprudenza di merito, non costano pronunce di legittimità; per tutte, Trib. Parma, 15 ottobre 2008 secondo la quale Il divieto di abuso di dipendenza economica costituisce espressione del principio di buona fede che impone di non trarre vantaggi eccessivi da una situazione di debolezza in cui versi la controparte: tale norma, ponendo un incisivo limite al principio di autonomia contrattuale, non può essere circoscritta ai rapporti di subfornitura)
- La concessione di vendita è un contratto innominato, che si caratterizza per una complessa funzione di scambio e di collaborazione e consiste, sul piano strutturale, in un contratto-quadro o contratto normativo, dal quale deriva l'obbligo del concessionario di promuovere la stipulazione di singoli contratti di compravendita ovvero l'obbligo di concludere contratti di puro trasferimento dei prodotti, alle condizioni fissate nell'accordo iniziale. Cass. civ. n. 13568/2009.
- Con il contratto di affiliazione commerciale (o franchising) un produttore o rivenditore di beni o offerente di servizi (franchisor), al fine di allargare il proprio giro commerciale e di aumentare le proprie capacità di penetrazione nel mercato senza dover intervenire direttamente nelle realtà locali, concede, verso corrispettivo, di entrare a far parte della propria catena di produzione o rivendita di beni o di offerta di servizi ad un autonomo ed indipendente distributore (franchisee) che, con l'utilizzarne il marchio e nel giovarsi del suo prestigio ha modo di intraprendere un'attività commerciale e di inserirsi nel mercato con riduzione del rischio. Cass. civ. n. 647/2007.
giurisdizione:
La legge di riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato, Legge 218/1995, regola la giurisdizione italiana prevedendo all’art. 3, comma 1, che essa sussista quando il convenuto sia domiciliato o residente in Italia, o abbia nel territorio italiano un rappresentante autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 del codice di procedura civile, e negli altri casi in cui è prevista dalla legge. Il secondo comma dell’art. 3 aggiunge che la giurisdizione italiana sussiste inoltre in base ai criteri stabiliti dalle sezioni 2, 3 e 4 (quest’ultima relativa ai contratti conclusi dai consumatori) del titolo II della Convenzione di Bruxelles del 1968, sulla competenza giurisdizionale ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, oggi sostituita dal Regolamento n. 44/2001/CE, anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione stessa. Inoltre, l’art. 4, comma 1, della Legge 218/1995 prevede che, quando non vi sia giurisdizione in base all’art. 3, essa nondimeno sussista se le parti l’abbiano convenzionalmente accettata e tale accettazione sia provata per iscritto, ovvero il convenuto compaia nel processo senza eccepire il difetto di giurisdizione nel primo atto difensivo. Il secondo comma della disposizione citata aggiunge inoltre che la giurisdizione italiana può essere convenzionalmente derogata a favore di un giudice straniero o di un arbitrato estero, se la deroga è provata per iscritto e la causa verte su diritti disponibili.
Va comunque rilevato come nel commercio internazionale si consolidi sempre più il ricorso all’inserimento nel contratto di clausole compromissorie volte a deferire la controversia ad arbitrati internazionali amministrati oppure, per contratti di valore più modesto dov’è intenzione dei contraenti ridurre al minimo le spese di lite, l’individuazione di ulteriori tecniche di risoluzione delle dispute commerciali, prime fra tutte le mediazioni.
In relazione alla mediazione, va infine precisato che il legislatore italiano, con l’emanazione del D.Lgs. 28/2010, ha recentemente disciplinato il procedimento di mediazione finalizzato alla conciliazione delle controversie civili e commerciali, disponendo tra l’altro che esso sia condizione di procedibilità per determinate controversie, previste all’art. 5 del decreto, a decorrere dall’anno successivo a quello di entrata in vigore del decreto stesso.